Un giorno un atleta si presenta al consulto e dice: Dottore, cosa posso avere? Non vado avanti, mi alleno e mi alleno e non miglioro, guardo sempre peggio, cerco di sforzarmi sempre di più, ma sto peggiorando sempre di più. Sono nervoso, mi sveglio la notte, sto ingrassando –e non mangio quasi-, sono di cattivo umore, mi sento frustrato.
Una volta analizzata la situazione nel dettaglio, mi ritrovo con un libro di sovrallenamento: intensità di allenamento eccessive, mancanza di carboidrati negli alimenti, assenza o scarsa esecuzione del lavoro di condizionamento fisico generale (elasticità, forza, tecnica, ecc.), sovracompetizione, mancanza di trucco, ecc.
Dopo aver studiato i diversi aspetti fisiologici (con stress test, esami del sangue, composizione corporea, forza, ecc.), viene proposto un piano di lavoro. Vale a dire: dovresti prenderti una pausa, di almeno un paio di settimane, e da lì iniziare con un piano di lavoro meglio strutturato, e correttamente tutorato da un professionista della formazione.
La sorpresa più grande viene dal fatto che si consiglia di allenarsi a un'intensità generale inferiore, un po' più di volume, meno gare e meglio scelte e un lavoro invisibile: stretching, forza, ecc., all'interno del piano di lavoro prescritto.
Se siamo stati abbastanza convincenti, il "paziente" (gioco di parole) ci presterà attenzione, il che significherà che quando uscirà per allenarsi, i suoi compagni di squadra lo lasceranno sistematicamente indietro, e lui, con la scusa che questo è ciò che Il dottore gli ha detto che lo prenderà più o meno, anche se sempre con qualche dubbio.
Poiché il lavoro, nel corso delle settimane, è stato svolto correttamente, avrai perso peso grasso e guadagnato massa muscolare, migliorato la tua capacità aerobica, avrai potuto fare allenamenti di potenza aerobica e potenza anaerobica alle intensità adeguate (perché già non è così stanco), si riprende meglio, dorme meglio, è di umore migliore, acquisirà gradualmente fiducia in quello che sta facendo.
Un bel giorno è tempo di gareggiare (la gara a bersaglio), e per quel giorno va a fare i compiti (riposato, con le riserve piene, di buon umore –anche se con qualche dubbio–) ed esce, come proposto, da meno a di più. Pertanto, i suoi compagni di allenamento escono di nuovo in vantaggio. Ma, a metà prova, li supera progressivamente uno ad uno, finendo davanti a loro e soprattutto con la sensazione che avrebbe potuto fare di più e, soprattutto, divertirsi.
I compagni di squadra, che arrivano da dietro, alcuni sfiniti, altri spenti e lo vedono al traguardo così felice, una volta tornati alla calma gli chiedono:
COSA TI HA DATO IL MEDICO?
Dr. Luis Garcia del Moral Betzen Educazione Fisica e Medicina dello Sport
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